E come si dice dalle mie parti…..buongiorno figgetti, rieccomi qui con voi!
Sono giorni difficili per tutti, questi. C’è poco da fare.
Tra le elezioni americane, Dpcm freschi di giornata, attentati terroristici e l’imprevedibile sobbalzare della crosta terrestre, senza potersi dimenticare della contagiosa allegria di questa pioggia che picchietta capricciosa sul vetro, che altro dire, verrebbe voglia di andarsene in letargo.
Ciao-ciao 2020, siamo partiti col piede sbagliato. Ci sentiamo quando metti un po’ di giudizio!
E così, tra un cane che non capisce perché continui a piovere e numeri in aumento che neanche Paperon de’ Paperoni, mi chiedo se il nostro modo di reagire a quest’ anno da canizie precoci non sia anche frutto di un essere sempre più abituati al tutto, subito. Ora.
Volevamo il cellulare che ci facesse navigare su Internet, e l’abbiamo avuto. Volevamo la certezza di sapere che lui avesse effettivamente visto il nostro messaggio con quel “risp” dalle note misto-mafiose, e l’abbiamo avuta. Volevamo la certezza di controllare se stesse effettivamente rispondendo, e l’abbiamo letto. Volevamo la vecchia collezione di Pog che cercavamo da quando eravamo piccoli, e Babbo Ebay ce l’ha data. Speravamo di non perderci per andare in quel paesino sperduto, e ora non ci perdiamo più. Ci aggrappavamo con tutte le nostre forze a quell’ultimo rullino, sperando di essere venuti bene in almeno una delle 24 possibilità lanciate al caso, ora ci aggrappiamo solo ai filtri, che però non sempre funzionano come il genio della lampada.
Volevamo talmente tante cose, e queste cose che abbiamo avuto nel corso di questi ultimi 50 anni le abbiamo avute sempre più velocemente e così gratuitamente, che ora ci sembra impossibile non potersi sbarazzare di un’epidemia con, non so, un abbonamento Prime un pochettino più costoso, o inviando un PayPal a qualcuno che se ne intende.
La gente è stufa, ogni volta che si parla di Covid si alzano gli occhi al cielo, o si abbassano. Si tenta il rilancio con i negazionisti (abbiate la rara premura di non svelargli il triste fatto che Babbo Natale non esiste, che quelli son dolori!), si tenta il tutto per tutto, anche il non volerne parlare più, come si fa con una spina che sentiamo dentro, ma preferiamo non guardare più.
E allora che dire, che fare? Puntiamo tutti i piedi, con la rabbia che bolle in pentola e la nevrosi che cresce rigogliosa tra i nostri muscoli intorpiditi dall’agitazione?
Questo, infine, il mio invito: guardiamoci indietro e impariamo da chi è stato prima di noi.
Aspettiamo di conoscere, aspettiamo di ricevere la posta, aspettiamo di sapere cosa ne sarà di noi, che tanto nessuna tempesta in natura si è mai acquietata con un tocco di app.
Va bene lo scoramento e lo scoraggiamento. La rabbia e l’impazienza anche; ma non è scuotendo la pentola che si ottiene un buon risotto.
Per certe cose, bisogna aspettare che il vento si calmi.