Come un cantiere che lavora incessantemente prima della fine di agosto, così si muove questo mondo irrequieto con le sue notizie che rimbalzano da una nazione all’altra, dal moto concitato di labbra e sopracciglia di un giornalista ancora a lavoro, all’occhio assonnato di uno spettatore in pigiama dietro lo schermo della televisione.
Carissimi lettori, inutile girarci attorno o cercare di guardare altrove nella speranza che tutto si risolva. Perché questa volta la soluzione sembra esserci stata offerta dal problema stesso.
Ieri, 6 gennaio 2021, il bianco Campidoglio americano è stato aperto a forza dalla tracotanza di urla, di terroristi dall’animo puerile e incolto, di individui che berciavano sul nascere della sera, protetti nelle loro semplici menti dal vociare volgare di un presidente che è ormai diventato la rappresentazione più accurata dell’uomo becero, abbiente nel portafoglio e bisognoso della più essenziale forma di dignità umana.
Inutile girarci attorno, o prolungarsi nelle descrizioni di quanto già mandato in onda, sul web e su tutte le piattaforme d’informazione digitale. Ieri è stata scritta l’ennesima pagina di storia, quella che riguarda tutti e che tutti guardano con animo atterrito e sguardo incredulo. Eppure, in questo caso, il cratere stesso è diventato il punto d’innesto di cui l’America, e forse il mondo intero, aveva bisogno. Per dirla alla De André, dal letame nascono i fiori; anche se a dirla tutta, questa volta il fetore del letame è a dir poco ragguardevole.
Oltre alle finestre del Campidoglio, possiamo affermare con cauto ottimismo che, forse, si siano aperti anche gli occhi e le coscienze di tutti quelli che ancora, in un modo o nell’altro, credevano alle parole di un presidente che, davvero, non ne può più e che pare essere deciso a continuare nei suoi irragionevoli capricci degni di un adolescente isterico.
Di qualche giorno fa, la telefonata dal tono intimidatorio del presidente al Segretario di Stato della Georgia, la richiesta di trovare i voti di cui l’uomo avrebbe avuto bisogno per dimostrare di poter ribaltare la situazione. Diciamolo pure senza temere il politically correct: dopo esser stato esposto in tutta la sua furiosa e vergognosa incompetenza, l’uomo avrebbe fatto bene a godere dei suoi verdi risparmi, rintanandosi quatto quatto in qualche isola deserta, stando bene attento a non essere additato come immigrato; dall’altra parte si sa bene quanto poco ci voglia a passare da carnefice a vittima.
Giacché la telefonata e i vari tweet sul web non erano abbastanza, Trump ha deciso infine di superarsi e di mandare avanti la sua fiera folla di sostenitori agguerriti, per poi placarli con qualche timida parola di rassicurazione: andate a casa.
Inutile girarci attorno: la politica trumpiana ha sempre trasceso le aspettative di tutti.
L’unica grande, decisiva differenza sta proprio nella magnitudo di quanto è successo ieri: il lento e costante eccedere nelle incaute risposte e nelle reazioni parossistiche dell’amministrazione Trump ha trovato finalmente modo di autodenunciarsi dinanzi agli occhi di tutte le emittenti televisive. Chissà, forse i pacati e ordinati sostenitori di Trump avranno avuto un momento di nostalgia, avranno forse creduto che quell’edificio fosse una scuola da occupare?
Una cosa è certa: il presidente è nudo.